Se schematicamente possiamo dividere la pittura in due modalità, quella di contenuto e quella formale, certamente Antonietta Innocenti pratica la prima, pur attenta a tutte le necessità tecnico-compositive cui obbliga una pittura che sia tale.
Il contenuto costante, forse anche ossessivo, delle opere dell’artista è l’eros: quell’eros che assieme a thanatos governa la vita degli uomini e delle cose. Eros è vitalità, piacere, felicità, ma non può mai staccarsi o dimenticarsi della sua alterità, thanatos. Così i soggetti dell’Innocenti sono prevalentemente figure femminili, molto belle, fornite di una carica erotica che raramente troviamo in artiste di genere femminile – per gli artisti di genere maschile, per restare negli ultimi decenni, si pensi alla seduzione dei nudi di Fontana o alle “femmine” di Fiume -, forse è nella poesia femminile, per esempio in quella della grande poetessa della Grecia arcaica, Saffo, che però era mossa anche da altri intendimenti, che possiamo rintracciare altrettanta efficacia.
Si badi: non che nella pittura dell’Innocenti ci siamo tentazioni saffiche, non essendoci alcuna volontà rappresentativa di qualsivoglia pulsione sessuale, infatti la bellezza “erotica” delle sue figure è tutta poetica e concettuale, cioè siamo di fronte ad un’espressione sensuale e non sessuale. Non a caso non abbiamo nudi “anatomici”, ma accenni, tagli che rendono il corpo immaginabile e non immediatamente tutto visibile. L’espressione della bocca, lo sguardo ammiccante e pensoso, le mani, che a volte sono grandi oltre misura e per questo assai significative, le schiene o i glutei, le gambe o le spalle che acquistano carnalità dall’intensità della luce, sono gli elementi cardine di questa pittura.
Lo sguardo assorto, assente, preoccupato, la mollezza di certe posture, il gioco delle luci e delle ombre, l’incompletezza della fisicità della persona, sono tutti momenti che, appunto, dal piacere di eros, che si coglie alla prima percezione, ci portano subito in quell’altro principio di realtà, thanatos: così, soavemente, la pittura di Innocenti ci induce al piacere e al pensiero, all’ebrezza e alla riflessione, e non è poco. (1999)